Una cosa
*Poesia nella quale il poeta, scienziato a se stesso, esperimenta il miraco della vita e finisce a zozzeria
Una cosa che vorrei farti
non è il sesso, le faccette, le pacche sul culo quando esci
una cosa che vorrei farti
non è nemmeno guardarti mentre dormi
no
quando dormi
ti assicuro
sei uguale spiccicata a quando non dormi
non ci faccio niente di guardarti mentre dormi.
Una cosa che vorrei farti
invece
una cosa che vorrei farti
è i figli,
per guardarci nei geni
nel dna.
Anche due, sette, quattro, nove, cinque,
ciascuno fatto apposta
per guardarci nel.
Se ci trovo un segreto, va bene
ti rifaccio
se ci trovo una formula o un affresco o un partenone
ti ricopio
contraffaccio
contraffaggo
se non ci vedo niente
do la colpa al microscopio
ai figli
alla maniera in cui
se non ci trovo niente
sbaraglio il tavolino, il dna, i geni sgranellati sul tappeto
i cosi lì, i figli, li do ai cani
e te invece,
io ti bevo dagli occhi, con la cannuccia,
ti succhio il sangue dall’entrata del sangue
mi ubriaco come un frate
e mi asciugo le tue lacrime sul braccio
poi ti piscio
e finché non faccio le analisi delle urine
per me resti un’insolita, fantastica, inaudita, prodigiosa
ipotesi scientifica
tutta da verificare.
Un Commento
Questa poesia è talmente splendida che vorrei averla scritta io. E, nonostante il fatto che NON mi consideri bravo a scrivere, è una cosa che penso assai di rado. Splendida.