Il fuori
*Poesia nella quale il poeta contatta il dirigente dell’uffico tecnico del Comune per avere notizie circa un campo demaniale seminato a fiori allucinogeni
In primavera entrano i pollini
dalle finestre
come delle vongole sgusciate volanti
vongole piccole
sgusciate volanti
le guardi dal letto
e (capita che)
i pollini entrano
dall’entrata di te
- come le navicelle in quel film in cui le navicelle devono entrare nella supernavicella aliena per iniettare dei virus e salvare il pianeta -
e tu
giorni dopo
non starnutisci
nemmeno ti gratti
non sarà un’allergia
e nemmeno il tempo che passa a memoria e ti lascia la faccia rigata sul mio petto
dicevo, non è un’allergia
non starnutisci, no
cosa fai? partorisci
ti viene la pancia, il vestito a bretelle e la faccia
e ti viene un calore
partorisci, davvero, tipo le mamme
le vecchie signore accorrono pronte
ti bagnano il collo,
tu ridi contenta
la fronte, le stille, le mamme di generazioni di ere passate, i panni, le porte
sbattute
l’entrata di te
si copre di fiori
che volano fuori
un tappeto di fiori
le vecchie signore
miliardi di rime che rimano in -ore, in -ori, in petali gialli
è facile la rima in -ore, lo so
tu prova a trovarmi una rima in -petaligialli
non c’è
l’entrata di te si richiude
di fuori un miliardo di fiori
sul tavolo della cucina
e tu con lo sguardo felice
scopata una volta dai fiori
mamma di petali gialli, rime impossibili
colori volanti
nel fuori pauroso del fuori di te.
3 Commenti
che meraviglia!
ironia, malinconia e voli pindarici sono ottime rime impossibili.
Sei un maledetto poeta. Genio!